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Una vita dedicata allarte
Erano, e restano, queste - insieme con l'esecuzione delle pitture per la Casa del Fascio di Terragni -, tappe obbligatorie della biografia artistica di Radice: tanto più importanti quanto più "definitive" sia per la sua attività di allora che per quella successiva. "Definitive" perché nel Radice degli anni Trenta c'era già tutto il Radice degli anni successivi.
Un'analisi condotta momento per momento, opera per opera, all'interno e lungo gli anni del suo lavoro, porta a conclusioni di assoluta coerenza linguistica e stilistica, anche quando si scopre, in lui, la coabitazione della duplice valenza figurativa e astratta, dato che Radice ha cominciato come pittore figurativo ed è poi passato all'astratto, senza però abbandonare mai il figurativo che, anzi, ha trattato quasi filtrandolo attraverso l'esperienza astratta (Radice parla al proposito di "figurativo post-astrattista").
Se un certo rispetto delle regole del gioco critico (quali sono richieste dall'appartenenza a una determinata corrente intesa come carattere connotativo della
sua opera, in un'epoca di vasti e rapidi mutamenti di gusto estetico) gli ha imposto di dedicarsi quantitativamente più all'astratto che al figurativo, ciò non toglie che la qualità dell'uno eguagli quella dell'altro, l'uno e l'altro essendo aspetti diversi della medesima complessità e armonia delle forme della natura.